Il primo tribunale della crisi, a metà tra reale e virtuale ha condannato economisti, controllori e finanza per non aver saputo prevedere né prevenire la crisi. I verdetti sono stati emessi da una giuria popolare composta da trenta studenti universitari – tredici provenienti dal Nord Italia, nove dal Centro, sette dal Mezzogiorno e quattro dall'Albania – selezionati dalla facoltà di Economia dell'università di Trento. Sede dell'udienza il Festival dell'Economia. Guarda il videoracconto
Gli economisti, colpevoli di non aver previsto la crisi, pur essendo prevedibile, sono stati condannati a «tenere in maggior considerazione le innovazioni degli strumenti e dei mercati finanziari nell'elaborazione dei propri modelli e teorie», ma soprattutto a «collaborare alle conseguenze delle crisi cicliche che affliggono i nostri mercati». Giudicati troppo lontani dalla realtà, poco informati sull'evoluzione degli strumenti finanziari, ma anche poco coraggiosi nel sollevare i problemi che pure alcuni di loro avevano intuito. Insomma, troppo assoggettati alle istituzioni e al pensiero dominante degli ultimi anni. Sono stati invece assolti – ed è questa l'unica consolazione – per non aver previsto le conseguenze degli shock sull'economia mondiale.
La giuria ha giudicati colpevoli anche i controllori e i politici, in particolare gli esponenti del Congresso e dell'amministrazione degli Stati Uniti e le principali autorità di vigilanza europea per aver «posto in essere condotte attive e omissive che hanno contribuito alla crisi, o comunque fornito un oggettivo contributo causale al suo verificarsi». La giuria popolare ha inoltre esortato «la classe politica a varare una riforma mirante alla regolamentazione dei persistenti conflitti di interesse e alla realizzazione di un sistema economico più efficiente e trasparente». Le influenze delle varie lobbies politiche ed economiche non sono state considerate attenuanti delle colpe, «poiché le varie scelte del legislatore devono essere solamente subordinate al perseguimento dell'interesse generale».
I manager del mondo della finanza sono stati simbolicamente condannati «alla restituzione dei guadagni correlati alle responsabilità accertate e ai lavori socialmente utili».
Il ruolo di pubblico ministero è stato svolto da Marco Onado, quello di avvocato difensore da Luigi Zingales. Onado ha sostenuto:«il mondo della finanza va sanzionato per avere costruito un sistema bancario occulto, tenendo all'oscuro le autorità (come ha scritto la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea) e ingannando consapevolmente (soprattutto nei paesi anglosassoni) milioni di consumatori e cittadini con titoli strutturati venduti in mercati non regolamentati, senza spiegare i gravi rischi cui venivano esposti i sottoscrittori». Di conseguenza, ha detto ancora Onado «per questa crisi made in America sono stati esportati nel mondo prodotti tossici, e qualcuno deve pur aver fatto lo spacciatore».